Dopo la decisione di venerdì scorso del Garante della privacy, OpenAI, il fornitore di ChatGpt, ha sospeso il servizio in Italia. Una vicenda senza precedenti in Occidente ma capace di far partire una valanga regolatoria in Europa. Abbiamo raggiunto Vincenzo Zeno-Zencovich, professore di Diritto comparato all’Università degli Studi di Roma Tre ed esperto di diritto privato europeo, media e nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per mappare l’entità del fatto.
Professore, cosa ha portato il Garante a decidere di intervenire su ChatGpt?
Il Garante se ne è occupato anzitutto perché c’è stato un data breach: quando ciò avviene è necessario che il titolare informi immediatamente il Garante. Questo ha acceso i fari su ChatGpt, non tanto sulla molto pubblicizzata funzione di chatbot quanto sulla informativa per la raccolta dei dati personali e sulle modalità di conservazione dei dati degli utenti. Infine, c’è la questione della tutela dei minori, che nel rispetto del regolamento generale della protezione dei dati (Gdpr) non possono essere soggetti a profilazione né destinatari di pubblicità. Insomma, serve sapere se l’utente è minore oppure no, e OpenAI non ha chiarito che sistemi ha predisposto in tal senso.