“Non siamo prodotti o produttori speciali. Siamo errori, glitch, ma siamo bellissimi. Abbiamo intelligenza, coscienza, emozioni.…
Serve una cultura d’impresa più aperta e formata sul digitale
Si tratta di uno tsunami che travolge ogni settore ma anche una imperdibile opportunità di cambiamento
di Valeria Falce* e Stefano Firpo
*Socia fondatrice di IAIC
Il recente monito «do something» di Mario Draghi al Parlamento europeo, l’invito cioè al fare e al fare presto non vale solo per l’Europa delle istituzioni, ma va preso molto sul serio anche dalle imprese europee.
È il caso della trasformazione digitale: uno tsunami che travolge ogni settore ma anche una imperdibile opportunità di cambiamento per le imprese. Anzi a ben vedere, la trasformazione digitale è condizione necessaria per sopravvivere rimanendo concorrenziali sul mercato, per guadagnare autonomia strategica e accorciare la distanza competitiva rispetto a sistemi imprenditoriali che beneficiano fuori dall’Europa di un dinamismo più acceso sul digitale.
L’Europa delle istituzioni non ha dubbi sugli obiettivi e per perseguirli ha deciso di spingere la transizione sia attraverso una nuova cornice normativa sia attraverso qualche prima iniziativa di politica industriale. Molti criticano la cornice regolatoria europea sul digitale, quasi tutti ne chiedono la semplificazione, ma in pochi ricordano che questa si articola in un insieme di regole abilitanti (il Data Governance Act, il Data Act, l’AI Act, Eidas2, il nuovo pacchetto sulla cybersicurezza), che offrono da subito alle imprese nuove possibilità di accesso, monetizzazione e sfruttamento dei dati, a servizio della strategia aziendale e per usi commerciali.